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Massimiliano Giannocco

“Novembre” testamento di rara bellezza poetica

2020-08-17 22:15

Cinzia Aloisi

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“Novembre” testamento di rara bellezza poetica

Il linguaggio curato, l’essenzialità dei termini privati spesso da nessi logici, uno stile sottolineato da intensa carica allusiva, analogica e simbolica ...

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Foglie
autunnali
sul giardino
corporeo
intorno
alla dimora
dell’anima


Sono numerose le poesie contenute nella raccolta dal titolo “Novembre”, dell’autore romano Massimiliano Giannocco, edita da Europa Edizioni -2020-

Ho scelto di iniziare questa recensione con i versi di “Leaves in the garden”: un elaborato incisivo, pochi versi e vastità di contenuti dentro i quali è nascosta la chiave di lettura che suggerisce come profondare il complesso mondo poetico di M. Giannocco.
Una chiave che consente soltanto il tentativo di sondare l’anima del poeta, abituato a navigare dentro la poesia con slancio sicuro e deciso, trincerandosi talvolta dietro espressioni inaccessibili.
Il linguaggio curato, l’essenzialità dei termini privati spesso da nessi logici, uno stile sottolineato da intensa carica allusiva, analogica e simbolica caratterizzano la poetica di M. Giannocco, collocandola in un quadro letterario puro, autentico ed ermetico.
In “quel giardino denso di foglie autunnali che giacciono intorno all’anima” ho trovato l’essenza e la maturità artistica di un IO completo e costantemente flesso in posizione di ascolto.
“Porgo l’orecchio/ alle vive attenzioni” come infatti scrive l’autore ne “L’ascolto” e ancora:
“Scrivo/ ritraggo/ soffrendo contraggo” nella poesia dal titolo “Scrivo” .
M. Giannocco si ferma ad ascoltare e ad ascoltarsi: un esercizio che si realizza continuamente nello sguardo sul mondo dal quale scaturisce una simbiosi fatta di carta, emozioni e visioni di grande bellezza.
Ogni luogo per l’autore è fonte di pensieri, riflessioni che danno vita a descrizioni di ambientazioni oniriche, naturali, artistiche, urbane, storiche che spaziano dal “caldo tepore di una stretta mansarda” alla suggestiva “Via Partenope” .
Ecco dunque una panoramica di “affreschi letterari” che si scoprono nel castello di Trauttmansdorff, oppure nei pozzi di Venezia, nel bucolico ritratto di Borgo Monticiano, sul “bianco declivio mediterraneo” immortalato in Castellaneta. Continuando con “il vento bohèmien” sui tetti di Parigi e poi i sassi impervi di Matera, l’Ode a Torino e la “mai doma Milano” fino ad autodefinirsi “Suitor bramoso” dinanzi alla magnificenza dei fiordi Norvegesi.
Si snoda e prende forma, tra i versi, il compenetrarsi dell’autore con la natura, palpabile per esempio nella descrizione della Langhe “ rese cieche e mute da un drappo impenetrabile”.
Delicati i versi dedicati all’Urbe, Roma come sogno: “non è solo pietra quella che vedi. Non è solo bellezza”.

Si immerge M. Giannocco dentro le cose: dentro le statue, nei passi del silenzio notturno, nel greto di un fiume, nei tasti di un pianoforte, nella musica che “trascina via le sporche bende”, dentro la cenere di un Toscano minuziosamente descritto da insinuare in chi legge il desiderio di aspirare uno “stortignaccolo”.
Si leggono le pause riflessive alla ricerca di Dio nell’esistenza fragile di essere umano. L’autore ne avverte l’assenza, ne soffre, vive il deserto del peccato, tocca il fondo e dopo spogliato dell’egoismo, dichiara tutto il suo amore per Dio nell’espressione: “Ho odiato l’assenza di Dio.”
Il concetto della morte scorre sottile su tutta la raccolta e non si dissocia da una malinconica tristezza marcata da interrogativi che l’autore si pone: “Placasti i tuoi tormenti nell’eterno respiro?”
La considerazione invece che la morte coincida o addirittura si sovrapponga al concetto di pace, provoca nel lettore una lunga disamina.
Già nel titolo stesso della raccolta: “Novembre” si percepisce l’allusione all’autunno come fase della vita. La copertina del testo tra l’altro, mostra i colori rossicci di una natura autunnale ma allunga lo sguardo su distese di boschi nel tramonto luminoso, il tutto carezzato da foulard di foschie nebbiose. Il tramonto così raffigurato potrebbe ricondurre anche ad un’ alba, ma in entrambe le ipotesi, i due eventi raccontano quasi allo stesso modo la fine e l’inizio di due mondi: la morte e la rinascita. La notte con la sua densa oscurità e il giorno con le sue certezze. In ogni caso si tratta di una fine ed un inizio, due fasi che l’autore esprime nella struggente “Autunno”: una descrizione impeccabile di un dialogo con l’anima nel quale M. Giannocco esprime il desiderio di piegarsi su se stesso: “che bello chiudersi dentro e dare vita ai versi dell’io”, mentre fuori “muoiono le foglie dagli alberi”.
L’impatto sul lettore è immediato, indescrivibile l’immensa scala di emozioni che trascinano nella lettura senza sosta.
Quale metafora migliore avrebbe potuto spiegare il malessere di un’anima in continuo moto nella ricerca della vita, della rinascita e della pace, soffuso da tanta speranza, se non l’immagine di un autunno così ben tratteggiato, così intensamente vissuto.

A tratti sofferente nella solitudine provata nel silenzio di una cucina, M. Giannocco, accoglie dentro se l’orrore che tutto abbia perso senso, “mentre fuori piove da giorni”. Un convincimento chiaramente espresso in “Anima”: “l’anima muore prima del corpo…. non resiste allo sperpero dei
giorni..”
Un malessere indefinito, che l’autore non descrive mai nel particolare, limitandosi invece ad usare il termine “tormento”, diventa la costante di tutta la raccolta; risuona però limpida la richiesta di aiuto perché tutto ritorni alla vita: “Perché ora tacete? Senza il vostro coro, più vita non ho”, scrive M. Giannocco rivolgendosi alle cicale.
Il desiderio di vivere preserva l’autore dallo sconforto: “sono solo un ramo spezzato che spera un giorno di fiorire.”
La forza di ricominciare: “cerca, cerca le sue bende”.
Scrivere, per M.Giannocco ha un potere salvifico. La brama di navigare nei versi diventa un imperativo: “quei colpi assordanti” della grandine “sul vetro ferito” è il cuore che pulsa”.
E infine, l’insoddisfazione che accomuna tutti gli artisti in “Ho timore di creare” : “la poesia diviene letto sfatto, troppo presto abbandonato”.
A tal proposito, trova conferma il pensiero dello scrittore Giovanni Soriano: “infelicità e insoddisfazione sono le principali fonti alle quali attinge la creatività e non c’è nulla di più sterile per l’ispirazione, della serenità e della spensieratezza.”
C’è un fiume che scorre tra i crateri dell’anima di Massimiliano Giannocco; c’è un solco nel suo cuore, sembra un taglio netto, invalicabile ma il flusso doloroso sembra essere cauterizzato dalla speranza che egli coglie ad ogni passo verso la rinascita.
Entrare nell’anima, comprendere l’atmosfera rarefatta dei pensieri di un autore completo e chiedersi dove cominci e dove finisca il mistero della poesia, questa dea che rende immortali e avidi di tempo, di emozioni che incastrano nel vuoto di quel piano sopra il cielo dove respiriamo tra le
parole sospese ... è un viaggio che svuota, che colma di nuovi orizzonti. Ho letto e riletto a lungo la raccolta “Novembre” di Massimiliano Giannocco, un artista tormentato che regala al mondo un testamento di rara bellezza poetica, umana e profonda, come profonda è la sua anima, il suo cuore.

 

Cinzia Aloisi


L'articolo è stato pubblicato su

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